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Misterioso ed estremamente eloquente, il sorriso col suo fascino ha stregato poeti, musicisti, scultori e pittori di ogni tempo, ispirando alcune delle opere più straordinarie della cultura mondiale: dalle molte rappresentazioni orientali del Buddha all’etrusco Apollo di Veio; dai ritratti in affresco dell’antichità alla ineguagliabile Gioconda, per sedurre infine l’arte relativamente giovane della fotografia. Al contempo, la sua spontanea insorgenza – talora apparentemente inconsapevole, talaltra pregna della massima concentrazione raziocinante – ha incuriosito scienziati e psicologi. Solitamente viene accostato al riso, come sua forma diminutiva o contenuta. Secondo Plessner, invece, il sorriso appartiene a una specie sui generis di espressione che, proprio per la sua polivalente performatività, non ha nulla a che vedere con il significato antropologico del riso e denota la straordinaria capacità dell’essere umano di allontanarsi da se stesso e assumere maschere.

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Sull'autore

Helmuth Plessner

Helmuth Plessner (1892-1985): esponente di spicco della corrente contemporanea dell’antropologia filosofica tedesca, ha svolto un ampio e articolato lavoro teoretico (raccolto in 10 voll. dall’editore Suhrkamp di Frankfurt a.M. 1980-1985), che pone al centro delle ricerche la definizione della natura umana; esso include opere di filosofia, sociologia e teoria della politica. Considerato a tutti gli effetti un classico della filosofia europea, in lingua italiana sono stati tradotti: Al di qua dell’utopia (1967), Il riso e il pianto (2000), I limiti della comunità (2001), I gradi dell’organico e l’uomo (2006), Potere e natura umana (2006), Antropologia dei sensi (2008) e le raccolte di saggi, Studi di estesiologia (2007), L’uomo. Una questione aperta (2007), Antropologia filosofica (2010).

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